Alla foce del fiume Stige si trova un profondissimo lago nero, popolato
soltanto da infime creature, demoni acquatici che si divertono a
trascinare nell’acqua e a divorare le anime raminghe che, dopo essersi
perdute, vagano ignare per le rive del lago. La superficie del lago è
così scura e putrida da parere catrame.
Lungo la riva settentrionale del lago si estende un’enorme foresta senza
fine. La foresta, come qualsiasi luogo degli Inferi, trasudava un senso
di morte e decomposizione. Gli alberi erano completamente secchi, i
rami privi di foglie, la corteccia vecchia e nera. L’erba scricchiolava
sotto i passi di Sybille. Quello che cercava non era ancora molto
lontano, qualche chilometro ancora e l’avrebbe raggiunto.
Improvvisamente sentì dei passi dietro di sé e si apprestò a nascondersi
dietro ad uno degli alberi più larghi che costeggiavano il sentiero che
stava percorrendo.
Quattro cavalieri al galoppo si fermarono nel punto in cui lei era
prima. Si guardarono rapidamente intorno, come se avvertissero la sua
presenza, e lei cercò di respirare il più lentamente che poteva.
Era normale che sentissero che c’era qualcosa nell’aria, qualcosa di
diverso. Nessuno poteva passare di lì, nemmeno le anime dei defunti,
figuriamoci una mortale com’era lei. Anzi, a dir la verità, ai mortali
non era nemmeno permesso scendere agli Inferi, ma lei vi era stata
costretta. Se voleva salvare il figlio, che era stato contaminato da uno
dei cavalieri del dio Ade, doveva recarsi negli Inferi, l’unico luogo
che contenesse la cura. E la cura si trovava proprio in quella strana
foresta.
Le era costato molto caro raggiungere gli Inferi, ma non aveva trovato
altra scelta se non quella. Il solo modo di raggiungere gli Inferi era
quello di seguire un’anima appena deceduta, così, dopo aver atteso
inutilmente per due giorni che uno dei vecchi del villaggio potesse
passare a miglior vita aveva deciso di fare a modo suo. Non appena si
era trovata da sola con il più vecchio del villaggio l’aveva ucciso con
uno dei più potenti veleni che era in grado di preparare. Non per niente
era uno dei più esperti guaritori del suo villaggio. Dopodiché l’aveva
seguito e aveva trovato l’ingresso segreto per il mondo dei morti.
Non era stato eccessivamente difficile, o almeno fin lì.
Non poteva farsi catturare ora, ora che era così vicina alla sua meta.
Dopo alcuni minuti i cavalieri persero ogni interesse nello studiare il
territorio che li circondava e proseguirono nella loro corsa.
Sybille tornò rapida sul sentiero e cominciò a correre più veloce che
poteva, ma dopo un paio di chilometri si fermò di colpo, stupefatta da
ciò che vedeva.
Era giunta in una piccola radura. Su di una sorta di piedistallo in
marmo vi era una piccola ampolla di cristallo il cui liquido, rosa come i
petali di un ciliegio, emanava una sorta di luce che illuminava quel
piccolo spazio aperto. Era l’ampolla di Persefone, la moglie di Ade, e
conteneva le sue lacrime.
Sybille si avvicinò lentamente e, dopo aver estratto un fazzoletto di
lino dalla giacca, aprì l’ampolla e ne versò alcune gocce sul
fazzoletto. Dopo aver messo il tappo all’ampolla la rimise apposto, ma
inavvertitamente essa cadde e finì in frantumi.
Immediatamente i cavalieri fecero dietrofront e la raggiunsero in pochi
attimi. Lei cercò di fuggire fra gli alberi, in modo che i cavalieri
avessero qualche difficoltà a dirigere i cavalli. Aveva ormai i crampi
alle gambe, ma si costrinse comunque a correre.
Raggiunse le rive del lago, da cui cominciarono ad uscire tentacoli
enormi che tentavano di afferrarla, e corse ancora più forte. I
cavalieri uscirono poco dopo dagli alberi e si ritrovarono fra i
tentacoli delle creature del lago. A nulla servirono i loro sforzi per
sfuggirgli, ad uno ad uno vennero trascinati inesorabilmente nelle acque
del lago.
Sybille continuò a correre ancora e infine trovò l’ingresso degli Inferi.
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